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Quante volte è accaduto nel giudizio costituzionale che il giudice relatore non ha redatto la decisione? E, soprattutto, quante volte non ha voluto redigerla? E, infine, si può ancora definire questa evenienza "rara"? È questa veramente una «ipotesi estrema in cui entrano in campo ragioni di coscienza giuridica o di coscienza senza aggettivi e si ritenga necessario, per ragioni di onorabilità (prossime alla tentazione di dimissioni dal Collegio) di dover far rilevare la propria estraneità ad una determinata decisione»? Oppure rimane una vicenda di cui è difficile tracciare le coordinate, costituendo solo una scoordinata , casuale e individualistica forma di dissenting opinion? Ferma tenendo la distinzione di questo fenomeno, istituzionalizzato, dal c.d. dissent, è opportuno fare una prima indagine di tipo quantitativo, che tuttora non è stata svolta in modo soddisfacente, giacché ogni volta è difficile orientarsi nella lettura delle decisioni della Corte. Ad un primo conto, salve omissioni, errori, dimenticanze, i casi ufficiali (cioè registrati e riscontrabili attraverso le indicazioni che si ricavano dall'epigrafe, ovvero dalla sottoscrizione della sentenza) sembrerebbero, dal 1988 ad oggi, 87 : non tantissimi, specie se paragonati alla quantità di decisioni rese dalla Corte nel periodo 1988-2020, pari a 14.691, ma nemmeno una quantité negligeable, specie se si considera che si tratta di un fenomeno stabile negli ultimi tre decenni (26 casi di sostituzione si sono verificati tra il 2010 e il 2020, 29 tra il 2000 e il 2009, 32 risalgono al periodo 1988-1999). Ma una lettura quantitativa non basta, se non è accompagnata da un'analisi concreta e puntuale dei casi, esaminando le diverse questioni e tenendo nel dovuto conto le caratteristiche dei Presidenti e, soprattutto, dei giudici coinvolti. È quello che il testo si propone di fare, limitandosi a riportare con pochissimi commenti passi delle sentenze della Corte e qualche citazione di dottrina ed evitando di esprimere giudizi sul merito della questione, per cercare di individuare, se possibile, i punti di dissenso (se effettivamente esistenti) tra l'originario relatore e la maggioranza della Corte: i risultati non sono insignificanti e sono commentati, nel loro complesso, nel capitolo conclusivo, in cui si farà inevitabilmente riferimento al delicato tema della dissenting opinion, rispetto al quale la (apparentemente piccola) vicenda della sostituzione del relatore nella redazione della decisione è strettamente connessa e si trova in qualche modo ai suoi margini.